#desertislandrecords: la playlist per viaggiare

Siamo circondati da musica. Fin da quando mi sveglio la mattina ho un motivetto che canticchio in testa. Qualche volta diventa un vero tormento addirittura levarselo di torno e allora come lo scaccio? Con un’altra canzone, ovvio! e avanti così, tutto il giorno…

Accolgo la nomination di Elisa di Piccoli Grandi Viaggiatori per #desertislandrecords, la quale mi chiede cosa ascolto quando sono in giro. In particolare, mi chiede 5 dischi da portare su un’isola deserta.

Difficile scegliere. Ho pensato di fare una cosa diversa, però: ho scelto album, o canzoni, che mi riportano ai viaggi; viaggi che ho fatto in passato e che mi sono rimasti nel cuore, viaggi cantati dalle canzoni. I 5 dischi da portare su un’isola deserta hanno tutti un qualche significato particolare. Ah, e naturalmente appartengono a generi totalmente differenti l’uno dall’altro!

1) Franco Battiato

Non vi sembra di essere in una canzone di Battiato con questo treno a vapore?

Lo so, abbiamo detto un album e le regole vieterebbero di inserire raccolte o gratest hits. Però come si fa a non riunire tutte insieme le canzoni di Battiato che parlano dei viaggi? Strade dell’Est, Mal d’Africa, Gli Uccelli, I treni per Trozeurs sono solo alcune delle canzoni che raccontano un viaggio, o parlano di viaggi, reali o immaginati. Le parole delle canzoni di Franco Battiato hanno la capacità di trasportarmi nei luoghi che descrive, che si tratti di Alexander Platz a Berlino o della Prospettiva Nevskij a San Pietroburgo: in pochi versi mi trascina con sé nei posti che descrive, e io li vedo con i miei occhi.

Dovendo scegliere una canzone, scelgo Gli Uccelli, vero inno alla libertà di viaggiare e di scoprire il mondo da un altro punto di vista: “Aprono le ali, scendono in picchiata, atterrano meglio di aeroplani, cambiano le prospettive al mondo“.

2) Madonna

giordania wadi rum
La montagna dei Sette Pilastri della Saggezza, Wadi Rhum

L’album di Madonna “Confessions on a dance floor” è in assoluto il mio preferito della cantante, anche se devo dire che nel corso dei decenni ha regalato capitoli di musica davvero notevoli: come dimenticare i tempi di Frozen o di You’ll see? O ancora, tornando indietro nel tempo, de La Isla Bonita? Però è l’album di Jump e Sorry il mio preferito, nonché quello che mi accompagna davvero in macchina quando guido da Firenze per tornare a Imperia: allora sono da sola in macchina, e canto a squarciagola.

Di tutto l’album, due canzoni amo particolarmente: una è Forbidden Love; l’altra, invece, è Isaac: sonorità arabeggianti e un ritornello in lingua araba mi portano lontano da ovunque mi trovi e mi catapultano nel deserto, presso una tenda beduina, nel Wadi Rhum, magari, il deserto giordano.

3) Fabrizio De André

Negozio di frutta in via del Campo, un angolo caratteristico dei vicoli di Genova

Con De André nelle orecchie torno a Genova ogni volta. Il poeta e cantore genovese ha saputo meglio di chiunque altro raccontare i vicoli della sua città, le vite umili di gente comune: storie che danno sempre i brividi. Ai quartieri dove “il sole del buon dio non dà i suoi raggi” De André ha dedicato tantissimo della sua poetica, e passando ancora oggi per gli stretti vicoli sembra di risentire nelle orecchie stralci delle sue canzoni. In via Del Campo, proprio nel cuore dei vicoli, il Museo De André è un piccolo spazio dove sono esposti strumenti musicali, foto d’epoca, album, e dove si possono acquistare cd e libri su di lui e sugli altri cantautori genovesi.

E proprio Via del Campo è la canzone di De André che scelgo: parla della mia Genova, città che amo e dove torno sempre volentieri e sempre troppo poco. Perdersi nei suoi vicoli, oltre a farci scoprire stralci di umanità altrimenti nascosta, vuol dire anche scoprire edifici, scorci, architetture e decorazioni da lasciare a bocca aperta. Genova è di una bellezza timida, intima, che si svela solo a chi pervicacemente vuole scoprirla.

4) Tribalistas

Il tucano ospite del Lodge nella Foresta Amazzonica

Ricordi del mio interrail del 2003 quando con un’amica di La Spezia e un amico brasiliano partimmo d’estate alla volta dell’Europa, tutta l’Europa. Fu per me la prima volta che uscii dal guscio e dalla mia confort zone, mi misi in gioco, visitai nel giro di un mese Vienna, Berlino, Parigi, Amsterdam, Madrid, Siviglia, Granada e Barcellona. Nel mezzo una settimana in Portogallo, tra Coimbra, Fatima e Nazaré al mare. Ne porto un ricordo ancora vivido e non perdo occasione per parlarne, sempre con gli occhi a cuore. La canzone dell’estate quell’anno era Ja sei namorar dei Tribalistas, trio brasiliano che con le sue sonorità aveva fatto breccia nel mio cuore come in quello di tanti altri. Il mio amico brasiliano l’aveva tradotta per noi. Aggiungiamo poi che quell’estate, in Portogallo ebbi un’avventura estiva con il nostro ospite portoghese, un ragazzo che aveva a sua volta fatto l’erasmus a Genova, Ja sei namorar non poteva che essere la colonna sonora ideale.

Ormai la ascolto poco, ma quando capita, ricordo ancora a memoria le parole di Ja sei namorar: ritorno al mare a Nazaré, al Monastero di Belen a Lisbona, lungo il fiume a Porto. Ja sei namorar mi ricorda il mio primo vero incredibile viaggio.

5) Buddha Bar

Lo so, si è detto niente raccolte, e Buddha Bar invece è una raccolta. Anzi, più raccolte. Sonorità indiane, africane, orientali, tutte capaci di portarmi esattamente là dove le note mi stanno suggerendo. Su un’isola deserta in effetti vorrei avere l’illusione di trovarmi altrove, che sia Marrakesh in un giorno di festa, che sia lungo il fiume Indo o durante una cerimonia buddhista in Tibet. Non conosco i singoli titoli, ma ogni brano mi trasporta lontano, come se fossi sul tappeto volante di Aladdin (avete presente? Quello con le nappine che si muovono mentre Aladdin canta a Jasmine “Il mondo è tuo“: cose che chi non è cresciuto a pane e cartoni animati Disney non può capire).

Tangeri

Tra tutte le canzoni scelgo Le Tatouage bleu di Ben Onono, per me una bellissima canzone in lingua francese che se non fosse stato per Buddha Bar non avrei mai potuto ascoltare. Invece mi trascina con sé, in una storia d’amore contrastata, appassionata, che vedo ambientarsi perfettamente a Tangeri: all’inizio della canzone, quando recita “Si elle le suit, il la fuit, s’il la suit, elle le fuit” (se lei lo insegue, lui fugge, se lui la insegue lei fugge), mi immagino proprio due innamorati che si inseguono, perdendosi, e ritrovandosi, negli strettissimi vicoli bianchi e azzurri della Casbah di Tangeri. E tutto diventa estremamente romantico, e struggente.

Non c’è niente di più soggettivo della musica: i gusti musicali sono così personali! E basta una parola, una sonorità, un accordo a farti decidere che quella è la canzone perfetta. Queste sono le mie 5 scelte per la mia isola deserta (la voglio ai Tropici, a proposito). Ora invece sono curiosa di sapere quali sono le vostre!

Nomino perciò 5 blog, che spero vorranno cimentarsi e condividere i loro gusti musicali:

Love Cetraro

Jamaluca

Il Miraggio

Viaggiando con Bea

Attimi e pillole di viaggio

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