L’Isola in tavola: 8 prelibatezze che devi assaggiare quando vai in Sardegna

Mia nonna è sarda. Mia madre si sente decisamente più sarda che ligure: suo padre, ligure, morì quando mia madre aveva appena due anni e dunque lei ha vissuto per tanti anni con i nonni sardi. Per la Sardegna ha maturato negli anni un amore viscerale. Un amore che ha trasmesso anche a me e a mia sorella. Un amore che passa anche per la tavola, per la cucina, per la dispensa, per la cantina.

La Sardegna in tavola a casa mia

Ricordo che, quand’ero bambina e andavamo in vacanza in Sardegna, facevamo il viaggio di ritorno carichi e stracarichi di dolci e di casse di vino. Mio padre, da buon estimatore, riteneva che non ci fosse nulla di più corroborante di un bel bicchiere di Cannonau e nulla di più fresco di un bicchiere di Vermentino di Sardegna.

In casa mia, poi, vi erano (vi sono) alcune tradizioni: i malloreddus, per esempio, che a casa di mia nonna venivano cucinati con salsa di pomodoro e piselli.

Altra tradizione, che mia madre porta ancora avanti, è quella dei pabassini, biscotti secchi ripieni di uvetta, mandorle, scorze d’arancia, semi di finocchio e altro, coperti da una glassa bianca di zucchero e arricchiti con i diavoletti di zucchero colorato, in sardo chiamati sa trazea.

Mia madre poi, da abile produttrice di liquori, da qualche anno si cimenta nella produzione del mirto sia bianco che rosso. Insomma, direi che i sapori sardi sono ben presenti nel mio DNA. Per questo mi sento in diritto, pur non essendo una sarda pura e pur non vivendo in Sardegna, di consigliarti 8 prelibatezze, tra cibo, vini e liquori, che assolutamente devi assaggiare quando vai in Sardegna.

Mirto bianco fatto in casa

1 – Malloreddus

Ho citato già i malloreddus più sopra perché appartengono alla mia tradizione familiare. Si tratta di un formato di pasta, noto anche con il nome di gnocchetti sardi, a base di grano duro, acqua e zafferano. Si tratta di una pasta fatta in casa. Il nome è curioso: deriva da malloru, che vuol dire toro in sardo, per cui di fatto i malloreddus sarebbero dei vitellini, panciuti, che assumono la loro forma finale dopo essere stati incavati e rigati con un attrezzo di giunco. Dalla forma cilindrica di partenza, la rigatura li fa sembrare quasi dei piccoli bozzoli, e li rende perfetti per acchiappare e trattenere il sugo.

Tra le varie ricette con cui si possono preparare, i malloreddus alla campidanese sono forse il piatto più noto: il sugo è a base di salsiccia, pomodoro e abbondante pecorino sardo.

2 – Porceddu

Il maialetto sardo è un’altra prelibatezza cui non si può rinunciare. Il porceddu è il maialino da latte cotto allo spiedo, prima “depilato” con acqua calda in modo da non lasciare radici di pelo nella pelle, per far risultare croccante la cotenna esterna e morbidissima la carne all’interno. Un piatto che affonda le sue radici parecchio indietro nel tempo, quando l’isola era sotto la dominazione spagnola. Tradizionalmente era un piatto di lusso e delle grandi occasioni: in una società contadina o di allevatori in cui il maiale adulto significava ricavare un quantitativo di carne e salumi tale da campare per diversi mesi, sacrificare un maialino di 7 kg al massimo doveva avere una forte motivazione alla base. Perciò la Pasqua o i grandi eventi familiari (i matrimoni, per esempio) erano le occasioni in cui si preparava il porceddu.

La cottura era sapiente, la brace era disposta in modo da non seccare la carne che girava sullo spiedo. Il maialino poi, a metà cottura, veniva speziato e salato. L’ingrediente principale era il mirto, ma alcune versioni parlano anche di zafferano, pepe nero, noce moscata, menta e timo. Io comunque sono affezionata al porceddu al mirto.

Porceddu al mirto. Foto: Viviana Lo Blundo (mia sorella 😉 )

Ricordo ancora la prima volta che lo mangiai. Ero poco più che bambina (avevo 11 anni, se non ricordo male) e fu la prima volta in vita mia che sentii il profumo del mirto. Un profumo che ho imparato a riconoscere, anche quando faccio passeggiate nella macchia mediterranea e ne annuso le foglie.

3 – Mirto

Visto che l’ho citato, abbandono per un momento il cibo e mi sposto sul liquore. Il liquore di mirto è uno dei miei preferiti. Già, ma quale mirto?

A livello nazionale il più noto è il mirto rosso, commercializzato ovunque in Italia anche da marchi ormai piuttosto noti. Il mirto rosso è in effetti molto buono, profumato e facilmente replicabile: basta procurarsi le bacche mature della pianta di mirto (sono pronte in autunno), metterle in infusione in alcool in modo tale che l’alcool le copra, dopo un mese circa aggiungere uno sciroppo di zucchero, agitare di tanto in tanto perché lo zucchero non si depositi e non si cristallizzi, schiacciare poi le bacche e infine aspettare che l’infuso liquoroso sia giunto a maturazione.

Ma non esiste solo il mirto rosso.

Esiste anche il mirto bianco.

Se il mirto rosso è a base di bacche, il mirto bianco è a base di foglie. Se il mirto rosso in bocca risulta più rotondo, il mirto bianco è decisamente dry, secco, ma al tempo stesso più delicato nel sapore e persino più aromatico. Io, se devo essere sincera, preferisco il mirto bianco al mirto rosso. Ma allo stesso tempo dico che il mirto bianco è più particolare e capisco che non a tutti possa piacere. Però, quando sei in Sardegna fatti un regalo una sera: assaggia il mirto bianco. Poi mi ringrazierai.

4 – Sospiri al mirto

Visto che siamo in argomento mirto, restiamoci! I sospiri sono dolcetti a base di pasta di mandorle che possono essere variamente confezionati e aromatizzati. Esistono in almeno due varianti: i sospiri tradizionali, ricoperti di glassa bianca di zucchero, e i sospiri al mirto, aromatizzati dunque al mirto e ricoperti di glassa di cioccolato. Inutile che ti dica qual è il sospiro che preferisco… Una variante dei sospiri sono i gueffos: palline sempre a base di pasta di mandorle, ma rigirati nello zucchero semolato e incartati singolarmente in carta crespa, come se fossero una caramella.

5 – Seadas

Un altro dolce sardo tipico – e relativamente conosciuto anche fuori dall’isola – è la seada: un grande raviolone ripieno di formaggio che va fritto e poi cosparso di miele amaro di corbezzolo. Il contrasto di sapori è il vero valore aggiunto delle seadas, dolce che ahimè non mangio ormai da diverso tempo. Però anche in questo caso ho ben presente il sapore amarognolo – e dunque per me fenomenale – del miele di corbezzolo. Un miele piuttosto raro da trovare, e infatti anche abbastanza costoso, ma che in abbinamento con le seadas è davvero come il cacio sui maccheroni, passami la similitudine!

Seada con miele di corbezzolo. Foto: Viviana Lo Blundo (mia sorella 😉 )

6 – Pabassini

Li ho già anticipati in apertura, ma per me i pabassini sono qualcosa di più di un semplice prodotto tipico. Sono tradizione, sono vita, sono un ben preciso periodo dell’anno – la ricorrenza dei morti – e sono solo un aspetto del tradizionale “tavolo” che i miei bisnonni componevano, che mia nonna componeva e che mia madre tuttora compone.

Un pabassino cosparso di
sa trazea

I pabassini, come dicevo più sopra, sono dolci tutto sommato semplici: biscotti nel cui impasto sono inglobate noci, uvetta, mandorle, scorze d’arancia, semi di finocchio (almeno nella ricetta di famiglia) cotti in forno e, una volta freddi, coperti da una glassa di zucchero e cosparsi di sa trazea, piccolissime palline di zucchero colorate. Interessante il significato di sa trazea: riconduce all’atto della semina, e dunque si riempie di significati simbolici! Il ritorno alla terra, la terra che dà frutto, la rinascita dopo la morte… d’altronde il “tavolo dei morti” che è parte della mia tradizione familiare sarda proprio questo presuppone: sulla tavola vengono poste le pietanze più apprezzate dai defunti della famiglia e i pabassini meglio riusciti. Come se nel giorno dei morti i nostri cari, i nostri antenati, si sedessero a tavola con noi.

Io trovo tutto ciò magnifico. Il culto degli antenati è qualcosa di talmente ancestrale nell’animo umano, di talmente antico, che coglierne i segni nella Sardegna contemporanea sinceramente mi commuove.

7 – Cannonau

L’ho annunciato in apertura. Il Cannonau è, probabilmente, il vino sardo più noto fuori dalla Sardegna. Il suo successo risiede in alcune sue caratteristiche: si tratta innanzitutto di un vitigno autoctono a bacca rossa. Per lungo tempo ritenuto di origine spagnola, in realtà le analisi condotte su resti di acini rinvenuti a Borore, nel sito archeologico di Duos Nuraghes, hanno permesso di capire che l’origine è ben più antica della dominazione spagnola e potrebbe derivare addirittura dai fenici che frequentarono l’isola diversi secoli prima della nostra Era. Parliamo di 3200 anni fa! Se così fosse saremmo in presenza di un vitigno davvero antico, uno dei più antichi del Mediterraneo Occidentale! Io da archeologa non posso che apprezzare questa sua caratteristica. Un vino antico, ma dal carattere forte, che sa conquistare i contemporanei.

Un bicchiere di Cannonau, sullo sfondo il territorio della Sardegna

8 – Pane carasau

Mia nonna ha sempre chiamato il pane carasau “sa fresa”, per cui per me da bambina era naturale chiamarlo così. Crescendo, e cominciando a girare l’Italia, ho scoperto che fresa e friselle in buona parte del sud Italia stanno a indicare un prodotto panificato piuttosto secco e duro, fatto per durare a lungo e per non ammuffire, ideale per i pastori che dovevano restare lontani da casa per diverse settimane.

L’altro nome con cui è conosciuto è “Carta da musica”: il nome si rifà all’aspetto del pane carasau: ovvero una sfoglia sottilissima, simile alla pergamena sulla quale un tempo venivano scritte le musiche sacre. Secondo alcuni però il nome è dovuto allo scrocchio che si emette mangiando il pane carasau. A dispetto della sua apparente semplicità, niente più che una sfoglia di pane croccante, il procedimento per la sua produzione è lungo e prevede diverse fasi anche elaborate. Come sempre nella cucina tradizionale, non si tratta semplicemente di cucinare, quanto di compiere dei veri e propri rituali nei vari passaggi di produzione.

Il pane carasau non può mancare in tavola in Sardegna. Esiste anche la versione “guttiau” ovvero pane carasau condito con olio e sale.

Il pane carasau non può mancare sulla mia tavola, anche se non vivo in Sardegna.

L’Isola in tavola: un assaggio

Spero di averti fatto venire l’acquolina in bocca con queste 8 prelibatezze: abbiamo assaggiato il pane, la pasta, i secondi di carne i dolci, il vino e il liquore. Non è sicuramente un post esaustivo, ma ti ho mostrato cosa per me è la cucina sarda, ti ho raccontato alcune storie della mia famiglia, storie che non mi capita spesso di raccontare. Ma d’altra parte non c’è niente di più coinvolgente del cibo e del mangiare insieme. E dunque spero con questo post di averti trasmesso amore per questa terra, nonché la voglia di andarci di persona, per assaggiare una per una le ricette e i prodotti tipici di cui ti ho parlato.

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27 risposte a "L’Isola in tavola: 8 prelibatezze che devi assaggiare quando vai in Sardegna"

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  1. Io sono stata solo una volta in Sardegna, un weekend veloce a Villasimius quindi non è che ho potuto assaggiare così tante prelibatezze.

    Ma abbiamo un amico sardo e lui ci porta sempre cose buonissime…. abbiamo a casa il Mirto e il pane guttiau (che mi sono perdutamente innamorata!!!)…. strepitoso!

  2. Non sono mai stata in Sardegna e non ho mai mangiato queste prelibatezze a parte il pane carasau! Mio zio è per metà sardo e spesso mi parla delle prelibatezze della sua terra, della bontà dei vini e dei sapori decisi dei piatti che hai descritto. Spero di volare presto per la Sardegna per un viaggio enogastronomico e non solo!

    1. Ti auguro di farlo presto questo viaggio in Sardegna, e non solo per le prelibatezze culinarie. A te che ami il patrimonio naturalistico, qui troveresti pane per i tuoi denti!

  3. Adorooooo la Sardegna e la sua cucina!!! Però devo ammettere che i Pabassini non li ho mai mangiati ma nemmeno mai sentiti nominare 😨 la prima volta che riuscirò a tornare nella tua splendida terra devo rimediare!!!!!

  4. Non sono mai stata in Sardegna ma ne ho sempre sentito parlare bene, anche per la cucina. Ma in Italia devo dire che siamo fortunati, si mangia bene ovunque 🙂

  5. Sono stata solo una volta in Sardegna, nel 1995, quando lavoravo come segretaria in un villaggio turistico a San Teodoro e ebbi la fortuna di essere invitata da una famiglia sarda a mangiare a casa loro durante il mio giorno di riposo. Mi ricordo i loro tortelli, non mi ricordo come li chiamavano, e le seadas. Che voglia che mi hai fatto venire 😀

  6. Mi ritengo soddisfatta di conoscere molti di questi piatti perché oltre a essere stata in Sardegna , all’università ho apprezzato i pacchi in arrivo dagli amici sardi pieni di prelibatezze. Le fortune dei fuori sede!

    1. Davvero! Fortunata tu che avevi amici sardi così legati al “pacco daggiù”! Io per anni di sardo ho mangiato soltanto i pabassini fatti in casa da mia nonna e il mirto fatto da mia madre (e il cannonau che per fortuna arrivava nella grande distribuzione del continente)! Ora spero di tornare in Sardegna quanto prima per poter nuovamente gustare queste prelibatezze isolane!

  7. Ricordo di aver assaggiato alcuni di questi piatti durante una vacanza estiva.
    Ho portato a casa, chiusi in valigia, i malloreddus che poi ho cucinato con la bottarga sempre comprata li

  8. Non amo particolarmente il gusto del mirto, ma adoro il cannonau. Direi una vera prelibatezza … per il resto mia cara altro che acquolina che mi hai fatto venire!!! hai elencato solo piatti che amo alla follia!!

    1. eheh! No, per me il mirto è top! Sarà che lo facciamo in casa sia bianco che rosso, sicché ne conosco a memoria le sequenze della produzione, ma lo sento proprio mio, ecco. E comunque pure il cannonau non scherza eh…

  9. Adoro il cibo sardo! Questa estate siamo stati a Cagliari e siamo tornati pieni di cibo nelle valige, come i tuoi familiari al rientro dall’estate! Poi ho avuto la fortuna di conoscere delle persone sarde a lavoro e a dicembre ci hanno spedito un pacco pieno di carasau, gutiau, olio, malloreddus, cannonau, mirto e vermentino, che ti confesso che dobbiamo ancora aprire (l’unica cosa che ci è rimasta da aprire ahahahah). Tra la tua lista ho provato tutto, ma devo dirti la verità che è la prima volta che sento dei pabassini…e vorrei proprio cercarli per provarli la prossima volta che vado!

    1. WOW!!! il pacco dalla Sardegna top! Ma infatti anch’io devo trovare il modo di farmi spedire cose… peccato che non abbia né parenti, né amici stretti che possano farmi una gioia del genere. Toccherà tornare di persona… 😉

  10. Sai che conosco pochissimo la Sardegna e quindi la sua cucina. Sono stata solamente una volta, per qualche giorno, a Teulada, ospita a casa di una mia compagna universitaria, ma purtroppo non ho ricordi di piatti tipici (trascorrevamo le giornate in spiaggia e quindi optavamo per qualche panino). Dovrò sicuramente tornarci prima o poi e cercare di conoscerla meglio. Tra i piatti che hai elencato mi ispirano molto quei gnocchetti dal nome impronunciabile 🙂

  11. Adoro gli articoli sulle delizie culinarie, sarà che sono una buongustaia e in Italia poi è una garanzia. Assaggiato tutto quando quest’estate sono stata in Sardegna, tranne il mirto…grosso errore mi sa!

    1. Ahiahi! Il mirto non si può non assaggiare! Però brava che hai provato tutto il resto! Questo sì che significa entrare in contatto con la cultura culinaria locale!

  12. Che meraviglia! Certo che ogni regione italiana ha le sue prelibatezze. Non sono mai stata in Sardegna, ma ho amici sardi. Conosco le seadas e il liquore al mirto… però mi manca tutto il resto!! 😱😱🤣🤣

  13. Mamma mia quante cose buone! Purtroppo ho provato solo il pane carasau, ma ahimè, la versione commerciale del supermercato (qui in Piemonte, quindi mi sa che c’è ben poco della Sardegna). Ho assaggiato anche le seadas a un evento dedicato ai sapori di tutta Italia e mi sono piaciute moltissimo!

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