La Basilica di Collemaggio colpisce, c’è poco da fare. Scenografica, immediatamente fuori dal centro storico, con una storia incredibile da raccontare sia per quanto riguarda la sua costruzione alla fine del XIII secolo che per quanto riguarda la sua ricostruzione, a seguito del terremoto che colpì L’Aquila nel 2009.
L’Aquila: ovunque i segni della ricostruzione
Il primo impatto con L’Aquila è uno skyline in cui non compaiono grattacieli, ma gru. Gru per le grandi ricostruzioni e per i grandi restauri che interessano tanta parte non solo del centro storico, ma della città tutta e anche di molti comuni della provincia. A distanza di più di 10 anni da quel tragico evento, la città – zona rossa compresa – è viva e vitale: le gru non parlano di distruzione, ma di ricostruzione, i tantissimi cantieri aperti in contemporanea sono una spia del fatto che L’Aquila è tornata ad essere il bel capoluogo dell’Abruzzo, la bella città medievale alla quale si legano personaggi storici e santi. Tra cui, per citarne uno, Papa Celestino V.
Celestino V, “colui che fece per viltade il gran rifiuto“
Lo liquida così Dante Alighieri: il papa che rifiutò il papato. In realtà la figura di Celestino V è molto più complessa di quanto il verso del Sommo Poeta ci racconti: si chiamava Pietro da Morrone, presi i voti divenne eremita, ma istituì un ordine religioso basato sulla vita in assoluta povertà. Divenne presto famoso per le sue virtù di fede e di umiltà e proprio per questo, e per congiunture di politica papale medievale che hanno a che fare con la peste e con lotte intestine tra famiglie potenti, venne scelto il personaggio più improbabile: più semplice e più, forse, manovrabile secondo alcuni. Fatto sta che Pietro da Morrone fu eletto papa il 5 luglio del 1294. Fu incoronato ad agosto nella Basilica di Collemaggio che aveva fatto costruire, ma dopo pochi mesi, a dicembre del 1294 rinunciò al papato. Al suo posto salì al soglio pontificio Bonifacio VIII. Fu proprio questo che Dante non gli perdonò. Bonifacio VIII si rivelò infatti ostile ai Guelfi Bianchi di cui Dante faceva parte e costrinse Dante all’esilio. Ma questa è un’altra storia.

La Basilica di Collemaggio
Risale proprio al 1294 la costruzione della Basilica di Collemaggio, voluta da Celestino V. Proprio qui egli si fece incoronare papa, tra volti di santi dipinti su colonne e pareti che osservavano la scena e sotto quell’arco trionfale che secoli dopo sarebbe crollato miseramente durante il terremoto del 2009. Per l’occasione il Papa istituì la festa della Perdonanza: una celebrazione che ancora oggi si celebra all’Aquila e che all’epoca fu l’anteprima del primo grande Giubileo, quello del 1300.
Della Basilica di Collemaggio colpisce innanzitutto la facciata: quadrata, bianca con inserti in rosa che creano discontinuità e colore. Lo splendido portale centrale decorato con statue di santi sotto piccole nicchie comprese tra colonnine tortili e fantasiose è già un piccolo capolavoro gotico. Il grande rosone, al centro della facciata, è l’altro elemento decorativo davvero notevole di questa basilica già così speciale.

Entrando si resta colpiti dalla luce e dalla semplicità. Tre navate, scandite da due file di robusti pilastri esagonali. Alle pareti nelle navate laterali, in alcune nicchie si conservano affreschi tre-quattrocenteschi. Quei volti che vengono da un tempo tanto lontano sono così espressivi ancora oggi!

L’abside che chiude la navata di destra accoglie le spoglie mortali di Pietro da Morrone alias Celestino V: un mausoleo in pietra bianca scolpita, sulla quale si rincorrono elementi decorativi tratti dall’arte romana e tondi in cui sono raffigurate scene bibliche (ad esempio il sacrificio di Isacco o la punizione di Mosè che spacca le Tavole della Legge). La salma del santo è ancora lì: una maschera di argento ne ripropone le fattezze del volto, ai piedi calza le scarpette rosse cardinalizie. La cappella si conclude con un magnifico soffitto in cui si vuole evocare un lucernario inesistente: il trompe-l’oeil è l’effetto cui si è rifatto l’artista barocco.

La basilica e il terremoto: i grandi restauri
Visitando la basilica oggi nessuno si aspetterebbe il grande lavoro che è stato fatto per farla tornare agibile. Certo, l’occhio più esperto saprà notare le differenze tra ricostruzione, semplice restauro, e originale, ma anche così l’impressione è davvero notevole.
In conseguenza del terremoto del 2009, della Basilica di Collemaggio era crollato interamente il transetto – ovvero la parte che separa le navate dall’abside, compresi i grossi pilastri polilobati che sostenevano l’arco trionfale. Danni ingenti si erano verificati all’abside e alle due cappelle laterali, compresa quella di Celestino V. Non solo, ma gravi danni strutturali hanno interessato tutto l’edificio, dalle pareti laterali alla facciata al tetto. C’è voluto un grosso finanziamento (Eni è stato l’ente finanziatore), un enorme progetto e maestranze esecutrici estremamente affidabili e capaci. La conservazione, la sicurezza e il miglioramento sismico della Basilica sono stati gli obiettivi principali del progetto di restauro, nel rispetto delle esigenze della tutela del monumento dal punto di vista storico-artistico e culturale. Le strutture sono state consolidate, le parti crollate ricostruite utilizzando anche tecniche e tecnologie di moderna concezione, ma compatibili e rispettose dei principi che un attento restauro conservativo suggerisce.

Tra gli interventi che vale la pena di segnalare c’è la totale ricostruzione di alcuni pilastri delle navate, laddove dalle prove di trazione si era visto che non sarebbero più stati in grado di sostenere il peso della muratura sovrastante: si è preferito perciò smontare e rimontare i singoli elementi, cercando di recuperare, quando possibile, i blocchi originari. Nel caso del transetto il lavoro è stato molto più grosso: i pilastri polilobati, quindi più grossi e in teoria più resistenti, erano completamente crollati sotto il peso della copertura. Pertanto sono stati ricostruiti nella forma, ma la loro anima oggi è di cemento armato.
Oggi tutti gli elevati sono sottoposti a monitoraggio continuo per verificare la staticità, l’elasticità, la resistenza. Piccole centraline posizionate sui pilastri e sulle pareti misurano e registrano variazioni e dati costanti. L’attenzione non può mai venir meno in questi luoghi, a fronte poi degli investimenti che sono stati fatti.
Quanto ai pavimenti, proprio il collo del transetto e dei pilastri è stato talmente potente da far abbassare e scombinare il piano pavimentale. L’opera di restauro è intervenuta pertanto anche sul pavimento, per riportarlo in piano e in quota, oltre che a risistemare le singole mattonelle. Un lavoro certosino che si unisce a quello pazzesco di ricostruzione degli elementi strutturali davvero importanti.
Anche il restauro più prettamente storico-artistico ha rivelato delle sorprese: nella cappella di Celestino V, per esempio, sono venute in luce delle dorature che non si conoscevano, perché erano state coperte da qualche precedente restauro. Così, oggi quella cappella assume ancora più valore, perché riportata ai fasti di qualche secolo fa.
Per conoscere l’entità dei restauri, così come la riporto io qui, sono fondamentali i pochi ma esaustivi pannelli posti all’interno della Basilica: poche righe, dense di contenuto e di significato, ci parlano del grandissimo lavoro che è stato realizzato a monte. Perché spesso ci lamentiamo quando si parla di ricostruzioni, perché vorremmo tutto e subito. Ma le ricostruzioni sono forse più difficili che le costruzioni da zero: i progetti devono essere accurati, verificati e realizzati a regola d’arte. Ci vuole tempo per portare a termine dei cantieri così importanti. L’importante è che il risultato duri davvero a lungo nel tempo. Lascio qui il link al pdf che racconta passo passo i restauri, con immagini splendide e al tempo stesso agghiaccianti dei danni e degli interventi di ricostruzione. Un lavoro che vale la pena di essere conosciuto e divulgato.
Non ho ancora avuto la fortuna di visitare l’Aquila e quindi ho letto con interesse questo articolo sulla Basilica. Da fuori hai proprio ragione, colpisce immediatamente per il suo aspetto.
Assolutamente sì: ha una facciata molto particolare, diversa dalle solite chiese (anche se facciate di chiese squadrate se ne incontrano nel centro Italia, come ad esempio nel duomo di Todi); in più ha davanti uno splendido parco che è amato e frequentato da runners e da sportivi vari che qui vengono ad allenarsi
Ho visitato la basilica parecchi anni fa, prima del terremoto; mi colpì molto la situazione post crollo e mi rincuora sapere che è tornata fruibile. Hai ragione, dovremmo cambiare punto di vista e vedere L’Aquila come una zona in continua rinascita e non come una città crollata
Questa è la percezione positiva che ho avuto, supportata dal vedere tante persone, aquilani in primis, a passeggio il venerdì pomeriggio e dalla testimonianza di una mia amica che ha vissuto a L’Aquila per lavoro fino a poche settimane fa
L’Aquila è nella lista da tanto tempo e sapere che ci sono degli interventi di ricostruzione e restaurativi anche di questo luogo mi riempie il cuore. Speriamo di rivederla presto risplendere di luce propria!
Sì sì, tornerà a splendere! Tutti quei cantieri non sono fermi, ma davvero operativi e la città è tornata ad essere popolata e viva!