Trionfo del barocco siciliano, Ragusa Ibla è uno scrigno di meraviglie e di scorci che ne hanno fatto la sua fortuna: la città alta di Ragusa fa infatti da sfondo a molte delle più famose location dei film del Commissario Montalbano, per esempio. Ma non è dei luoghi di Ragusa Ibla legati a questa serie tv che voglio parlarvi. Piuttosto, voglio parlare di alcuni luoghi di Ragusa Ibla che ho scoperto grazie ad un altro film: si tratta di Sicilia Grand Tour 2.0, un docufilm prodotto da Fine Arts Produzioni su testi di Alessandra Cilio.
Il film, che sta a metà strada tra la fiction e il documentario turistico-culturale, porta a scoprire alcune località, anche tra le meno note della Sicilia, e a focalizzarsi su alcuni spunti davvero di nicchia e interessanti.
In questo post vi porto a Ragusa Ibla dove ho trascorso una giornata in compagnia di Stefania, blogger di Memorie dal Mediterraneo, durante la Rassegna del documentario e della comunicazione archeologica di Licodia Eubea, sulle orme del film “Sicilia Grand Tour 2.0”
Ragusa Ibla: una passeggiata nel centro storico
Raggiungere Ragusa Ibla non è così immediato: bisogna attraversare Ragusa innanzitutto. Ragusa Ibla infatti è il centro storico di Ragusa, separata da essa da una profonda gola. La stessa Ragusa ha un suo centro storico e una parte nuova, moderna, periferica.

Se si arriva in auto, si può parcheggiare nel parcheggio pubblico ai piedi del centro storico di Ragusa Ibla, quindi si può iniziare la risalita, attraverso vie strette che portano, infine, sul corso su cui affacciano i palazzi signorili principali e il Duomo di San Giorgio.
La facciata del Duomo, trionfo del barocco siciliano più puro e scenografico, rimane racchiusa dalla pesante cancellata che ne impedisce l’accesso: al tempo stesso vicinissima e inaccessibile, è segno del nostro rapporto con Dio.
Non siamo entrate in Duomo. Piuttosto, ci siamo dedicate alla scoperta di alcuni palazzi eccezionalmente aperti in occasione della manifestazione culturale Le vie dei Tesori.
Le vie dei Tesori: Il Circolo di Conversazione

Sul corso principale si apre un’elegante palazzina con facciata neoclassica scandita da semicolonne addossate alla parete. Il Circolo di Conversazione fu voluto nel 1830 da 18 soci fondatori ed era un circolo esclusivo per uomini dell’alta società ragusana, che contribuivano alla manutenzione e alla vitalità del luogo mediante quote ciascuno in ragione delle proprie finanze.
Ogni sala ha un colore ricorrente. Il Salone delle Feste ha le pareti rosse, splendide. Il soffitto affrescato con l’allegoria delle Arti ha ai 4 angoli 4 grandi uomini distintisi nella storia delle arti e delle scienze: Michelangelo, Dante, Galileo e Vincenzo Bellini. Su una parete un grande specchio campeggia: immaginereste questa come una bella sala da ballo. E invece no: alle donne era impedito l’accesso a questo circolo esclusivo, almeno fino alla metà del Novecento.

Solo allora alle donne – le mogli dei soci – fu concessa una sala, dalle pareti gialle, color delle chiacchiere e della curiosità femminile. Nel mezzo, su un tavolino è poggiato un bel servizio da té, perché si sa: le donne dell’alta società conversano sorseggiando l’ambrata bevanda.
Un’altra sala del Circolo è destinata a biblioteca e contiene oltre a volumi storici anche i registri d’archivio relativi ai soci e alle quote; un’altra sala ancora, la più recente, è la sala da gioco, in cui si trova un tavolo da biliardo.
Uno spaccato potente della vita culturale e sociale d’élite di Ragusa Ibla salta agli occhi mentre si percorrono le sale del Circolo: e sembra di vederli questi ricchi signori in abito nero e tuba mentre fumano il sigaro e bevono brandy, mentre leggono i quotidiani e commentano le notizie di politica di un’isola che dal Regno delle Due Sicilie passerà a far parte del Regno d’Italia, sotto l’occhio di Michelangelo e di Dante, nella sala dalle pareti rosse affacciata sul corso di Ragusa.
Le vie dei tesori: Teatro di Donnafugata
Un piccolissimo teatrino privato, voluto dalla famiglia Arezzo di Donnafugata, è un vero gioiello dell’architettura dell’Ottocento. A malapena 100 posti a sedere per il pubblico, una scena piccolissima, arredi rossi e stile neoclassico. Da fuori nulla farebbe sospettare la sua presenza, ma una volta all’interno si viene colti dalla magia del teatro dell’Ottocento e dell’operetta che tanto era in voga all’epoca. Chissà quali cantanti si esibirono, quanti applausi strapparono alla famiglia Donnafugata e ai suoi ospiti durante gli spettacoli. Un applauso viene da farlo a noi, ora, che possiamo entrare in tali piccole bomboniere di architettura italiana.

Il Teatro Donnafugata, restaurato recentemente dalla famiglia proprietaria, ha una sua stagione teatrale: il teatro vive, e tutto ciò è meraviglioso.
Le vie dei tesori: Palazzo Arezzo di Trifiletti

Anche questo palazzo affaccia sul corso principale che scende dal Duomo di San Giorgio e che ogni anno in occasione della festa del santo viene invaso dalla gente in festa.
Proprio da una delle finestre del piano nobile del Palazzo si può assistere alla festa senza essere sopraffatti dalla calca. Anzi, un altero distacco dalle feste popolari è proprio ciò che distingue l’atteggiamento di una famiglia nobile, specie se si tratta, come in questo caso, di una delle famiglie nobili più antiche della Sicilia. Il Palazzo della famiglia Arezzo di Trifiletti è su due livelli. Dal portone che affaccia sul corso si entra in un androne e da qui si sale una scalinata che porta al piano nobile. Qui una successione di stanze arredate, e una cappellina privata a scomparsa dietro due ante, ci catapulta in un Ottocento fatto di tende eleganti, di pareti dipinte e di pavimenti mirabili con piastrelle decorate meravigliose.
La finestra che affaccia sul duomo è celata da un’elegante tendaggio, che permette di assistere, inosservati, a ciò che succede là fuori, nella grande sala di ricevimento. Personalmente, però, apprezzo le ceramiche conservate nella piccola saletta successiva, in particolare i servizi da té, che mi riportano in un’atmosfera di eleganza, ma anche di severa compostezza, in un salottino dove le conversazioni femminili dovevano essere tanto pungenti quanto i bordini di pizzo dei lunghi abiti in seta.

Dove nascono i Carretti Siciliani

Poco discosto dal corso principale del centro di Ragusa Ibla si apre un piccolo antro, una bottega coloratissima di tempere vivaci e zeppa di ruote di legno e decori in metallo. Alle pareti fotografie, manifesti, immagini di giornali. La piccola Bottega del Carretto Siciliano Cinabro Carrettieri è pura bellezza. Bellezza nel suo composto disordine, bellezza nella sua educata vivacità. Bellezza nel contrasto di una tradizione secolare portata avanti da due giovani artigiani che con passione non solo realizzano i carretti siciliani, tipica espressione del folklore dell’isola, ma ne raccontano la storia e l’origine, la tecnica e la vera e propria arte che sta dietro ogni carretto. Ogni carretto siciliano è un oggetto unico, che racconta una storia e attraverso di essa, racconta il conduttore del carro. I carrettieri andavano di città in città, di paese in paese col loro carro variopinto ed erano considerati uomini di mondo, proprio perché “viaggiavano” a differenza di chi invece non aveva mai visto niente di diverso dal proprio campanile e dal proprio fazzoletto di terra.
Damiano ci spiega i passaggi successivi della preparazione del carro: la lavorazione del legno, innanzitutto, l’assemblaggio delle varie parti, la realizzazione delle decorazioni in metallo e infine la pittura, che è la parte più importante, perché fa sì che ogni carretto sia unico e irripetibile.

I giovani artigiani della Bottega del Carretto Siciliano Cinabro Carrettieri sono un’eccellenza dell’artigianato siciliano. Non solo hanno commissioni importanti – collaborano con Dolce e Gabbana, per esempio – ma sono spesso chiamati in causa in film, documentari e trasmissioni tv. Il loro è un mestiere che sta scomparendo, perciò il loro lavoro e la loro visibilità acquista ancora più valore.
Sicilia Grandtour 2.0. Il film
Se io e Stefania abbiamo visitato Ragusa Ibla, e se abbiamo visitato esattamente i luoghi che ho descritto fin qui, il merito va al film “Sicilia Grandtour 2.0”. Il film, scritto dall’amica Alessandra Cilio e prodotto dalla Fine Arts Produzioni, è un omaggio poetico alla Sicilia e al tempo stesso propone un itinerario non scontato attraverso mete che oggi non sono necessariamente comprese nei percorsi turistici consueti: non credo vi siano molti tra voi (siciliani esclusi!) che abbiano mai visitato Randazzo o Palazzolo Acreide, per esempio.

Il film invece si basa su un viaggio realmente avvenuto e compiuto dal viaggiatore francese del XVIII secolo Jean Houel: un viaggio che si inserisce dunque nel novero dei grandtour, ovvero dei viaggi che, tra il Settecento e l’Ottocento, i giovani di buona famiglia, oppure gli artisti, francesi, inglesi e tedeschi, intraprendevano attraverso l’Italia alla scoperta delle sue meraviglie artistiche e archeologiche. Jean Houel nello specifico è un incisore e dal suo viaggio in Sicilia riporterà un Voyage Pittoresque des Isles de Sicilie, de Malte et de Lipari in 4 volumi editi tra il 1782 e il 1787 (si possono sfogliare tutti i 4 volumi su Archive.org!).
“Sicilia Grand Tour 2.0” (questo il trailer: https://youtu.be/nIT87ZWY68U) è dunque l’occasione per vedere la Sicilia con occhi diversi, poetici, un po’ malinconici, ma con l’occhio sempre attento a cogliere il bello e a non farselo scappare.
*Quest’articolo è frutto della collaborazione con la Rassegna del Documentario e della Comunicazione Archeologica di Licodia Eubea
Che bel racconto di Ragusa Ibla! Ci sono capitata tanti anni fa e ricordo la bellezza e il barocco, affascinante. Mi ha molto colpito lo stile di vita dei giovani di buona famiglia del ‘700-‘800, che bello!
È stata una bella esperienza che mi ha permesso di vedere e fare cose che normalmente non avrei fatto. Ne sono davvero felice