L’entroterra di Imperia è fatto di colline, strade strette e impervie, stretti terrazzamenti di muretti in pietra a secco sui quali crescono olivi a profusione che tingono d’argento il panorama. Ed è fatto di paesi, piccoli borghi in fondovalle, a mezza costa, abbarbicati alla propria cima, e di chiesette solitarie, punto di partenza e passaggio di sentieri di pastori di ieri, camminatori di oggi.
Risaliamo la Val Prino, la strettissima valle che si addentra nell’entroterra alle spalle di Imperia Porto Maurizio. Il primo borgo che si incontra è Dolcedo, un nome che, già solo a pronunciarlo, è dolcissimo.

Dolcedo, nell’entroterra di Imperia
Siamo alle spalle di Porto Maurizio; la strada che si addentra nell’entroterra incontra un borgo letteralmente poggiato sugli argini del torrente Prino, da un lato e dall’altro. Siamo a Dolcedo, paese di fondovalle, da cui si dipartono le antiche vie che raggiungono le colline più interne e i borghi più nascosti.

La storia di Dolcedo è piuttosto antica: se ne conosce l’esistenza fino almeno dall’XI secolo anche se, certo, l’aspetto attuale è ben più tardo. Intorno al XII secolo giunge nella Liguria di Ponente, importata dai monaci di Lerino, cioè le isole di Lérins, al largo di Cannes, la coltivazione dell’olivo. Da allora e fino ad oggi le colline sono state sistemate a fasce, cioè a stretti terrazzamenti e hanno accolto piantagioni di olivi; nei borghi e lungo i fiumi si sono impiantati invece frantoi ad acqua e a sangue, dando vita ad una tradizione che ha caratterizzato l’economia ligure fino ai giorni nostri. Non a caso sullo stemma di Dolcedo è rappresentato un albero di olivo.

Il paese si sviluppa lungo il corso del torrente Prino, alla confluenza con il Rio dei Boschi. Abbiamo il ponte, abbiamo le case medievali affacciate sull’argine, abbiamo la bella chiesa di San Tommaso il cui abside, in pietra a vista, pare fondarsi proprio sull’argine e a lui dà le spalle.
La chiesa di San Tommaso è raggiungibile, in paese, superata la loggia che oggi ospita il comune. Si trova in una minuscola piazzetta. La facciata è barocca, come tante chiese liguri. L’interno è stato restaurato di recente e i soffitti delle volte sono il trionfo del blu intenso.

Il cuore del borgo medievale è qui, compreso tra la chiesa, la sua piazzetta, le poche case che si affacciano sul vicolo che vi conduce e il palazzo su cui si apre la loggia. Scendendo verso l’argine del torrente, si gode invece della vista del paese nel suo complesso, con la sua serie di edifici di varia epoca e di vario restauro che si affacciano sul fiume, con l’idea dei frantoi e dei mulini che un tempo si trovavano lungo l’argine per sfruttare la forza delle acque a proprio vantaggio.
Dolcedo profuma di antico e di ricordi. Profuma di pizza soffice e calda – di olio d’oliva e rosmarino.
Valloria, il paese delle porte dipinte
Una strada tortuosa e impervia permette di raggiungere il paese di Valloria. Noto come il borgo delle porte dipinte, deve in effetti la sua notorietà proprio alle porte dipinte delle sue case. Nel corso degli anni, col sostegno dell’amministrazione comunale, artisti più o meno famosi hanno usato come tela il legno delle porte delle case del borgo, nascoste sotto archi, aperte su vicoli bui e in discesa. Le porte chiuse delle abitazioni diventano porte aperte verso mondi altri, mondi della fantasia, del sogno, o dell’entroterra ligure in tutto il suo significato.


Tantissime sono le porte dipinte, tantissime le opere d’arte. Non è facile scegliere una carrellata delle più belle. L’unica cosa che mi sento di dire è di perdersi tra i carrugi in salita e in discesa, fermarsi davanti ad ogni porta, pensare, osservare, cogliere il significato dietro ciascuna. Le porte più belle, a mio parere, sono quelle che ritraggono l’essenza della Liguria, con chiesette, olivi, il mare, le onde e la costa. Particolarmente intensa la scena di tango (mi commuove sempre), così come sembra un vero trompe-l’oeil la porta in legno con la suorina che appare e che sembra sorpresa di essere stata vista.

La porta in legno con gli alberi di olivo resta una delle realizzazioni meglio riuscite, mentre la bambina che entra a scuola, raffigurata sulla porta dell’ex-edificio scolastico è l’immedesimazione migliore nella storia del paese. Un’immedesimazione che a me fa salire la pelle d’oca. E forse ho trovato la mia porta preferita.

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